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L’eccezionalità del dramma, più antropologico che politico, del mauritano Sissako – anche sceneggiatore con Kessen Tall – sta nella denuncia della demenza criminale raccontata con la levità ironica e lirica di una fiaba antica e la bellezza figurativa di un quadro di Gauguin. Nella messa in ridicolo della stupidità, dell’ipocrisia, dell’ignoranza dei sedicenti combattenti per la fede islamica, mostrandone la volontà di dominio fine a sé stessa, priva di qualsiasi qualità spirituale.