LINGIARDI Vittorio, Al cinema con lo psicoanalista, prefazione di Natalia Aspesi, Raffaello Cortina editore , 2020. Indice del libro

Al cinema con lo psicoanalista di Vittorio Lingiardi (Cortina). Paola Zanuttini su il Venerdì (la Repubblica): «Quando guarda un film, Vittorio Lingiardi sostiene di sentirsi più analizzato che analista: la sua abituale poltrona da psicoanalista cambia orientamento, non è dietro per interpretare, ma davanti per partecipare.

Ma lui è uno psicoanalista cinéphile, è questa la differenza. Ed è anche il segno della rubrica che tiene da cinque anni sul Venerdì, Psycho, titolo rubato a Hitchcock per indagare su cinema, Es, Io e Super-Io. Ora queste rubriche, 195 per l’esattezza, classificate in sei stanze ariostesche (le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie e l’audaci imprese), sono raccolte nel volume Al cinema con lo psicoanalista, che si appresta a diventare un livre de chevet per chi è convinto che i titoli di testa non siano solo e necessariamente quelli in apertura di un film. 

Nella prefazione, Natalia Aspesi scrive che vorrebbe sapere quali sono i suoi film indimenticabili e se ce n’è uno che non ha analizzato per non compromettere la beatitudine del guardarlo da semplice spettatore, oppure per semplice rifiuto.

Le giro la domanda. “Fra gli indimenticabili, Fanny e Alexander e Cabaret, che mia madre mi portò a vedere a 12 anni mormorando: ‘Speriamo che sia adatto’. È un film che mi ha segnato nell’amore per il cinema, per la musica e il musical e per il grande messaggio di libertà amorosa. Di intoccabili, in senso negativo e positivo, non ne ho incontrati recentemente, ma fra quelli storici ce ne sono alcuni che ho preferito lasciare nella loro meravigliosa sospensione: per esempio Vivere di Kurosawa, che mi avrebbe consentito di parlare del rapporto con la malattia e di come si reagisce a una diagnosi. Ma poi, no, meglio non toccarlo”. […] 

Ai suoi studenti di Psicologia dinamica della Sapienza lei spiega la personalità e i suoi disturbi anche attraverso la visione dei film. Come funziona? “Una volta si portavano nelle aule universitarie le malate in carne e ossa che si esibivano nell’arco isterico, oggi per fortuna non più, ma un personaggio come la Cate Blanchett di Blue Jasmine può spiegare una personalità narcisistica e anche il sistema famiglia nei suoi aspetti più disfunzionali o catartici.

Tra i miei studenti ce ne può essere uno che coglie un aspetto e un altro che si concentra su qualcosa di molto diverso, e nella lettura complessiva del personaggio torna in gioco la dimensione individuale e collettiva della visione”».

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